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Spunti di riflessione sulla didattica strumentale

È ormai scientificamente provato che suonare uno strumento musicale apporti molti benefici ai bambini, in termini di sviluppo cognitivo, linguistico, emotivo e motorio.

Si pensa, tuttavia, che per cimentarsi in questa attività ci debbano necessariamente essere delle condizioni di partenza, come l’essere dotato o almeno un po’ “intonato”, che occorra esercitarsi ore tutti i giorni e dedicarsi fin dalle prime lezioni alla tecnica e alla teoria.

In realtà, non tutti i piccoli allievi intraprendono lo studio di uno strumento con l’ambizione di diventare grandi musicisti: alcuni sono affascinati da un particolare strumento, altri desiderano iniziare perché hanno sentito l’amichetta/o suonare, altri ancora cominciano perché conoscono l’insegnante… Ma a prescindere da quale sia la motivazione iniziale, in generale tutti possono trarre benefici da un percorso musicale, laddove questo sia personalizzato, stimolante, divertente e – almeno nelle prime fasi – “leggero”.

Vediamo allora, in 10 punti, come bisognerebbe impostare lo studio di uno strumento con i più piccolini, attingendo all’Introduzione di Piano piano… Pianoforte di Elena Sclauzero, un testo di propedeutica musicale e pianistica per bambine e bambini dai 4 anni.

1) Ogni bambino o bambina ha una dimensione musicale che può essere nutrita. Insegnare musica ai bambini significa contribuire allo sviluppo della persona tramite l’arricchimento della sua musicalità, indipendentemente dalle sue caratteristiche e predisposizioni, e – soprattutto – al di là dei risultati.

2) Il punto di partenza dovrebbero essere le possibilità e le unicità del singolo bambino o bambina. I bambini vanno accolti per quello che sono, vanno ascoltati, capiti e accompagnati, non indottrinati ed eruditi. Ogni bambino ha le sue peculiarità e i suoi tempi: il percorso didattico va costruito su misura, dovrebbe essere unico e procedere per piccoli passi, mirando all’autonomia, alla crescita personale e alla costruzione delle competenze musicali.

3) Il livello che si raggiungerà ha un peso relativo. Non ha importanza dove si arriva in termini di tecnica, ma come si affronta il percorso, come ci si sente, come si impara, in che cosa si cresce, si matura o si migliora…

4) La musica è un gioco! Impostare lo studio sul senso del dovere e sulla dedizione alla tecnica e agli esercizi, rischia di demotivare subito il bambino. Il divertimento legato al piacere di giocare con i suoni, stimola la creatività e la voglia di impegnarsi, rafforza il legame con l’insegnante e con il gruppo, migliora la qualità della vita. Se un giorno il bambino scoprisse che la musica gli piace proprio tanto, allora avrà senso discutere di quanto tempo dedicare allo studio e quali obiettivi perseguire.

5) La teoria si può comodamente dedurre dalla pratica: capire il mondo dei suoni dall’esperienza è molto più efficace e meno faticoso. Accompagnare il bambino, attraverso il fare e l’imparare per imitazione, alla costruzione graduale delle conoscenze e delle competenze, fa sì che l’apprendimento sia proficuo e duraturo. Un domani, passare allo studio della teoria musicale e della lettura sarà molto più semplice.

6) Fare musica insieme è estremamente educativo e arricchente. Aiuta a superare difficoltà pratiche ed emotive. Dal punto di vista pratico sviluppa il senso ritmico, la percezione agogica e dinamica, l’espressività; dal punto di vista socio-emotivo la musica d’insieme contribuisce allo sviluppo del senso di appartenenza, di responsabilità, la capacità di collaborazione e adattamento, il rispetto per gli altri.

7) Al tempo stesso, occorre coltivare la conquista graduale dell’autonomia, procedendo per gradi e mettendo il bambino in condizione di rielaborare da solo, a casa, i contenuti affrontati a lezione. In tal senso, risulta fondamentale lavorare nello specifico allo sviluppo dell’orecchio e dell’intonazione, nell’ottica dell’autocorrezione e quindi dell’autonomia.

8) Anche sbagliare è importante. L’errore permette di capire, soprattutto se si evita di suggerire la soluzione. Si dovrebbe sempre invitare i bambini ad autocorreggersi, con calma e serenità, aiutandoli e indirizzandoli solo quando necessario.

9) Improvvisare stimola la curiosità, la voglia di sperimentare e sviluppa la musicalità. Suonare senza, o con pochissime, regole è meraviglioso! Non servono competenze armoniche incredibili, a volte basta solo la fantasia… E un po’ d’orecchio.

10) Il cuore dell’apprendimento è la motivazione. Un bambino mosso da una motivazione intrinseca (che parte cioè proprio da lui e dai suoi interessi) suonerà volentieri e imparerà molto. Se manca la motivazione, insistere affinché si passi sullo strumento quotidianamente un tempo prestabilito è controproducente: probabilmente prima o dopo abbandonerà. La motivazione si alimenta con la curiosità, la novità, il piacere di sentirsi competenti e sempre più autonomi, e con la sensazione di autorealizzazione. Cerchiamo sempre di pensare a un bambino in crescita e non a un futuro musicista, anche se nessuno vieta che lo diventi… E teniamo sempre in considerazione i suoi desideri.

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